domenica 12 agosto 2018

L'ultima........... asinata

Che la vecchia Amministrazione Comunale non abbia fatto niente per Raviscanina è cosa arcinota. Si è solo posta con la fascia  per le foto per riempire il book fotografico di famiglia, per dimostrare .....l'indimostrabile, ma che si arrivasse a non partecipare come Comune a nessun bando della Regione Campania, compreso quello delle feste tanto care ai protagonisti, è cosa imbesomarastronzavigliaputrucafocreti malfattora....  e chi più ne ha più ne metta.
Non parliamo delle terme per la terza età e per la piscina ai giovani di Raviscanina. Non parliamo per la mancata  presentazione dei progetti che la Regione, su delega dello Stato e della U.E., anno per anno bandisce, non parliamo di tutto questo perchè non la finiremmo più.Ormai sono morti politicamente parlando e con essi chiunque si rifaccia a quella politica con la continuità che si crede vincente.
In questi giorni, sul BURC della Regione Campania sono stati riportati due distinti elenchi di Comuni dell'intera Regione che hanno avuto fondi per manifestazioni di particolare importanza (sic!). Ve ne sono  alcuni che hanno pappato due volte. Un primo finanziamento ed un secondo. Eccoli:
Hanno percepito 70.000 euro a Comune
Falciano, Santa Maria C.V., Roccamonfina, Marcianise, Sessa Aurunca, Orta di Atella, Riardo, Letino, Portico di Caserta, Casagiove, Pignataro Maggiore, Caianello, Alvignano, Parete, San Potito Sannitico, Castelvolturno, Cesa, Caiazzo, Cervino, Aversa, Prata Sannita, Castello del Matese, Trentola, Valle Agricola, Rocchetta e Croce, San Tammaro, Capodrise, S.Prisco, Casapesenna, Roccaromana, Conca della Campania, Grazzanise, Frignano.
Hanno ottenuto 25.000 euro:
Piedimonte Matese, Capua, Mignano Monte Lungo, Vairano Patenora, Teano, Tora e Piccilli, Castel di Sasso, Macerata Campania, Pratella, Francolise, Baia e Latina, Villa di Briano, San Pietro Infine, Santa Maria a Vico, Sparanise, San Nicola la Strada, Cellole, Carinaro, Galluccio, Ailano, Lusciano, Sant'Angelo d'Alife, Casaluce, Gioia Sannitica, Pietramelara, Piana di Monte Verna, Gricignano d'Aversa, Camigliano, Alife, Giano Vetusto, Recale, Francolise, Calvi Risorta, Carinola, Arienzo, Pietravairano, S. Cipriano d'Aversa, Bellona, San Marco Evangelista, Vitulazio.
Come vedete, alcuni Comuni sono segnati nei due elenchi e percepiranno, quindi, 95.000 euro. La cosa bella (sono andato a controllare) è che RAVISCANINA  non è segnata neanche tra gli ESCLUSI. Significa, quindi, che non ha proprio presentato la domanda. Non potendo dire che sapendo dire che perdevano le elezioni non volevano fare una cortesia a chi gli succedesse. NO! Neanche per il passato hanno presentato il progetto, così come per le terme e la piscina dei ragazzi.
Giudicate, dunque,, voi, cari concittadini come siamo stati amministrati da questi imbesomarastronzavigliaputrufocreti compagine malfattora!
P.S. Nenache Ailrola ha partecipato al bando (solo per informazione).

                                                           Costantino De Cristofano

lunedì 11 giugno 2018

La quadratura del cerchio ovvero la fine dei due compari

E' da tempo che non scrivo più di politica nostrana per essermi dedicato a cose riguardanti il nostro concittadino Papa Celestino V e ciò per due motivi. Primo  perchè  ritengo  che a Raviscanina si stia facendo molto poco per questo illustre concittadino  che potrebbe portarci, indirettamente, un poco di benessere per il quale ne avremmo tanto bisogno. Secondo perchè si avvicinavano le elezioni per il nuovo Sindaco e non volevo provocare disturbo ai manovratori che poi avrebbero dovuto misurarsi, così come è stato, in campagna elettorale sulle cose di Raviscanina. Oggi, che è il primo giorno di lavoro del nuovo/vecchio Sindaco, che le votazioni si sono concluse e che non ho problemi nel ritenere di dare fastidio ad alcuno, qualche considerazione la voglio fare, sapendo che è l'ultima della serie e che Cuore Popolare  chiuderà i battenti per dedicarsi esclusivamente ad altre cose del nostro territorio perchè la politica la deve fare gli eletti ed i gruppi politici che si sono confrontati democraticamente incamerando il risultato che il popolo sovrano ha dichiarato. Questo articolo finale, con gli altri che ho pubblicato in questi anni, farà parte di un opuscoletto che intende essere da contraltare al book fotografico che qualcuno si è costruito in questo tempo di nefasta e indegna amministrazione. 
Innanzitutto auguri ai vincitori. Non ho seguito i comizi tranne in due occasioni ai Quattroventi sentendo spezzoni di discorsi. Ricordo loro che Raviscanina ha bisogno di interventi coraggiosi, pesanti, di urto, di risveglio, di sostanza. I problemi legati alle buche, alle siepi, allo scuolabus, alla refezione scolastica e a tutte quelle cose che rappresentano la quotidianità, importantissime, vanno catalogate nel capitolo dell'ordinaria amministrazione!!! Ripeto, ORDINARIA AMMINISTRAZIONE.. Non occorre che  il Sindaco  si occupi personalmente di queste cose ma di due baldi giovani amministratori, i più volenterosi magari, che si cimentino tutti i giorni sulle problematiche interne e sui servizi. Nessuno ha imposto loro di candidarsi ma, visto che  hanno partecipato è arrivato il momento di dare il meglio di loro stessi. Il Sindaco, invece, così come ha detto in uno dei due spezzoni di intervento che ho udito (l'altro era di Daniele), ovviamente, confrontandosi con la sua maggioranza ma anche in C.C. con la opposizione, deve pensare a cosa deve essere Raviscanina tra trenta anni, per i nostri figli e nipoti, deve pensare a svilupparla, ad avvicinarla ai Comuni più dotati e che ci circondano; deve fare in modo di intraprendere contatti con centri di programmazione regionale e nazionali ed europei. In questo mese di maggio appena passato, sei Comuni, Alife capofila, Galluccio, Conca Campania, Tora e Piccilli, Marzano e Roccamonfina, hanno avuto 150 mila euro dall'UE per un progettino sui cammini, dalla sera alla mattina, bastava partecipare, magari così come ha fatto Raviscanina per la quale si vede che erano in programma parecchie processioni dove indossare la fascia e non vi era tempo per dedicarsi a queste  cose qualora le avessero capite, s'intende.. Una cosa da fare URGENTEMENTE. Abilitare la fontanina che si trova nella rotonda ai Quattroventi per innaffiare i fiori che circondano Celestino. E' stata chiusa da tempo; ordinare all'acquaiolo che l'acqua è fresca e serve anche per i fiori del nostro Santo. Da fare SUBITO!
Risparmio, a questo punto, il giudizio che un parente stretto di Gianni ed Elio,  che vive in un paesino a noi vicino,  ha dato di loro. E' una confidenza e la tengo per me! Non tanto però per Elio che fino alla fine, insieme a Daniele, ha cercato di inserire Gianni quale candidato a Sindaco della loro lista. Elio si sarebbe messo da parte. In una occasione, nell'andare a prendere delle cose da Gianni, anche io glielo dissi  ma la risposta fu negativa perchè, e questo non me lo spiego e con me tanti raviscaninesi, un giovane intraprendente, sbarazzino, che si è fatto da se, pieno di iniziative, pratico ha voluto sposare e rappresentare la continuazione della politica inesistente degli ultimi cinque anni del nostro Comune. Lui, che era il nuovo, perchè ha voluto legare la sua vicenda politica a qualcosa di inutile, di assente, di deleterio, di perdita di cinque anni di tempo per il progresso e il bene di Raviscanina. Perchè?  
Ha inculcato  i suoi candidati a dire nelle case della gente che il default  era giusto e sacrosanto! Cioè, far pagare tutte le tasse ai raviscaninesi al massimo, indebitare il Comune fino al 2042 con mutui spaventosi quando il problema era politico, era, cioè, che amministratori responsabili, così come hanno fatto a Sant'Angelo, Pratella, tanto per citare i Comuni più vicini interessati allo stesso problema,  che qualora non si fosse dichiarato il fallimento ma che  si sarebbe proceduto con anticipazioni di cassa, di richieste allo Stato di extra (Sindaco Folco vieni da noi!), piani di rientro.... saremmo stati tutti meglio! Tanto, gli amministratori che hanno accumulato debiti non sono andati in galera (eppure erano parenti stretti ad alcuni altri che erano in lista se non addirittura qualcuno vivo e vegeto proprio con la lista di Gianni). Ha applaudito le porcate che ha detto in piazza l'uscente, ripeto, immergendo la sua purezza nel letame degli altri. Ha dovuto cedere il microfono, mi dicono, che aveva sforato di sette minuti il suo discorso. Ma, scusate, chi parla per ultimo il candidato Sindaco o altri?
A Daniele dico che ha perso le elezioni l'ultima sera dei comizi quando il buon Elio non ha potuto pronunciare il suo dire, farsi conoscere meglio, approfondire i concetti, per scadenza di tempo che era stato  occupato dall'altro compare degli spaghetti al pomodoro che impropriamente, dopo aver tentato di candidarsi a Sindaco al posto di Gianni, voltando le spalle a Daniele  e ai compagni di viaggio che gli avevano dato l'onore di candidarsi a Sindaco nel 2013 facendo intervenire, questa volta, sì, per la seconda volta, la famiglia ad apparare le sue malefatte (delle quali abbiamo detto ma potremmo continuare all'infinito), ha dato il colpo di grazia ad una lista che si era rivelata corretta e piena di buone intenzioni.
Non credo di intervenire ancora perchè, come ho detto all'inizio, questo intervento chiude l'opuscolo che è il contraltare a cinque anni bui della nostra martoriata Raviscanina e per i quali ho molte colpe che pago col cuore in gola. Mi auguro che da oggi, il profumo del nuovo cammino possa invadere tutti e riservarci anche qualcosa di buono nel futuro.
Grazie per avermi letto e sopportato

                                                           Costantino De Cristofano.

        

domenica 13 maggio 2018

Le fonti......... - 6 -

E' innegabile che da alcuni documenti appare una speciale relazione tra Celestino ed Isernia e, più genericamente, il Molise:
1) Una bolla di papa Gregorio X, siglata a Lioni nel 1274, allorquando Pietro, chiese il riconoscimento dell'Ordine dei Celestini, indicava Pietro come Iserniese;
2) anche nel Bullarium diplomatum.....Celestino è detto di patria Iserniensis;
3) I Regesta Pontificum Romanorum.....parla della nascita sopra i monti di Sulmona;
4) La cittadinanza isernina torna ad essere nell'atto di fondazione della Fraterna di Isernia avvenuta nel 1289. 
Tuttavia è evidente che l'appellativo Petrus da Isernia, ai fini della nascita, non è più significativa di  di quella di Petrus de Murrone, infatti di per sè non indica la nascita nella città stessa, ma solo uno status di residente o di cittadino acquisibile anche per immigrazione.
Poichè nessuna fonte dice che il Santo nacque nella città, la speciale relazione tra Isernia e Celestino deve ravvisarsi, con ogni probabilità, nel fatto innegabile che qui ebbe cittadinanza poichè vi immigrò ed abitò brevemente con i genitori e continuarono poi a risiedervi i suoi familiari: il  fratello Nicola d'Angelerio ed i nipoti Guglielmo e Pietro de Angelerio, beneficiati da Carlo d'Angiò in ricordo del papa suo amico.
Nella città il Santo fondò la congreca detta la Fraterna e la tradizione ricordava una casa sua, o perlomeno dei suoi congiunti, e nell'occasione del VI centenario della nascita ivi fu apposta una lapide, che la diceva sua casa natale, lapide poi distrutta con la casa durante la seconda guerra mondiale e dal vile bombardamento alleato d'Isernia.
Poco fuori la città Pietro fondò il convento di S.Spirito d'Isernia, su terreno di sua proprietà secondo il Ciarlanti, o ricevuto in dono.
Proprio dal fatto che in Isernia, e dunque nel Molise, il santo ebbe cittadinanza e vi risiedevano i suoi familiari, dovette probabilmente nascere la tradizione pure antica che il santo fosse molisano; il cardinale Stefaneschi, contemporaneo di Celestino, pur glissando sul luogo di nascita lo definì infatti semplicemente molisano, cosa esatta per un cittadino di Isernia ma inconferente per indicare il luogo di nascita. Tale opinione dovè essere rafforzata dal fatto, tutt'altro che dirimente, che il santo fu abate nella molisana abbazia di Faifoli.
5) Infatti anche Tommaso da Sulmona, pure contemporaneo ed amico del santo e suo biografo, parlando del monastero di S.Maria a Faifola, del quale il futuro papa fu Abate aggiunge quod erat in provincia unde ipse (il santo) erat oriundus.
Si noti che Tommaso da Sulmona non dice che fosse Pietro nativo del Molise ma che ne proveniva, cosa esatta ma non indiziante la nascita molisana. Significativo è poi che Tommaso non accenni ad una presunta origine sulmonese di Celestino, da altri confusamente affermata (Heremita natione Terrae Laboris oriundus prope Sulmonam) , visto che un sulmonese difficilmente avrebbe omesso una tale circostanza.
La nascita molisana è espressamente affermata dalla sola testimonianza di Stefano di Lecce, frate celestiniano, autore di un manoscritto del XV sec. nel quale si legge di Petrus de Castelli Sancti Angeli, comitatus Molisii prope Limosanum.
Ma è da rilevare che Stefano con tale frase fonde il dato della nascita in un Castel S.Angelo, antico, affidabile, ufficiale ed incontroverso, con quello dell'appartenenza molisana, che ben può riferirsi al periodo della vita in Isernia e Faifoli, ma di per sè non indizia il luogo di nascita.
Di fatto il biografo è l'unico a fare tale asserzione, che è puramente congetturale: egli sapeva che il santo era nato in un castello di S.Angelo, che era molisano, che era stato abate a Faifoli e sapendo che presso Faifoli e Limosano vi era un Castel S.Angelo ha combinato il tutto.
Ma, come afferma il Bucci, sono ben 18 le località molisane che si denominano S.Angelo, e questo fa crollare verticalmente la  probabilità statistica che la congettura, non altrimenti suffragata, sia esatta.
Dimostrato che ogni proposta di ubicazione molisana del luogo di nascita del Santo non è provata, ed accertato che la qualifica di molisano non è altro che una attribuzione giustificata dai suoi indubbi rapporti di dimora, parentela ed attività con Isernia e Faifoli, ma non indiziante il luogo di nascita, la chiave per individuare questo risiede  nella lettura delle seguenti fonti:
A) Il Beato Roberto della Salle, discepolo del Santo, intendendo scrivere la vita raccolse alcuni appunti nei quali lasciò scritto che lo stesso era nato a Castel S.Angelo.
B)Non molto tempo dopo un Anonimo narrò la vita di Pietro Celestino in una raccolta di vite di santi tramandata da un codice della Marciana di Venezia.
Riferì che in la provitia de terra de noe sotto al Regnamo de napoli in uno castello che si chiama Sancto Angelo nasce lo grazioso Celestin de parenti chatolici honesti e devoti.
El padre have nome angelerio e la madre have nome maria.
E' evidente che l'espressione provincia de terra de noe è corruzione paleografica per provincia de terra de labore vista l'inesistenza di una Terra di Noe o di qualcosa di simile, tra le antiche province del Reame e che la nascita di Terra di Lavoro è espressione dichiarata delle fonti di seguito riportate.
Dunque anche per l'Anonimo il Santo era nato in un Castel S.Angelo, e più precisamente in quello che si trovava nel Regno di Napoli ed in Terra di Lavoro.
C) Il Liber Pontificalis conferma la nascita in Castel S.Angelo nel Reame di Napoli ed in Terra di Lavoro: Celestinus V, conversatione eremita, natione de Terra Laboris, oriundus prope Sulmonem.
Qui l'indicazione della nascita in Terra di Lavoro è netta e precisa, mentre il termine oriundus prope Sulmonam è sostanzialmente equivalente all'appellativo Pietro da Morrone, visto che l'eremo affaccia proprio su Sulmona e non ne dista molto. Oriundus va dunque inteso come "proveniente".
D) Se non bastasse la Bolla di Canonizzazione, un documento ufficiale che si  presume difficilmente possa errare, cita proprio la Terra di Lavoro dicendola felice perchè ha dato i natali a Celestino:  provincia Terre Laboris, quae probaris talem et tantum palmitem inhaerentem firmissamae Christi viti.
E' stata così tradotta dal Tullio: O quando sei fortunata, Provincia di Terra di Lavoro, che dai prova di aver saputo produrre un tale e tanto tralcio, germogliato dalla saldissima vite di Cristo, le cui propaggini con il profumo della loro mirabile santità si estendono diffusamente in ogni parte del mondo e dalle cui uve viene spremuto un vino che allieta i cuori dei devoti, e trascina e infiamma le menti degli umani all'amore di Dio.
Proprio da questa provincia di Terra di lavoro si tramanda che il beato Pietro abbia tratto la sua origine da genitori onesti, cattolici e devoti.  
E) Nella Vita et obitus beati Petri confessoris Celestini pape quinti si legge:: Beatus Petrus confessor domini gloriosus de provincia Terre Laboris traxisse fertus originem ex honestis parentibus catholicis et devotis.
E' evidente che i documenti più antichi ed ufficiali danno concordi le seguenti coordinate del luogo di nascita:Regno di Napoli, provincia di Terra di Lavoro, Castel S.Angelo.
Dunque non nel Molise, ma nell'ambito di Terra di Lavoro, nome geografico che indica l'area corrispondente grosso modo alla provincia di Caserta e va attribuito in senso specifico al territorio compreso tra il Massico e l'orlo settentrionale dei Campi Flegrei, mentre in passato si riferiva anche alla parte pianeggiante della provincia di Napoli, dovrà ricercarsi in un abitato chiamato nel XIII sec. Castel S.Angelo.
Dopo averlo individuato si dovrà verificare, al fine di stabilire se fu la patria di Celestino, se tra lo stesso ed il Santo sia riscontrabile qualche elemento di connessione.
E qui il caso di premettere che si cercherà non tra gli innumerevoli siti  appellati S.Angelo, grotte, fonti o cappelle medievali nella Longobardia Minore, nè tra le città, ma solo tra i centri abitati fortificati riconducibili alla categoria dei castra , termine questo del lessico amministrativo e giuridico indicante non una struttura difensiva medievale - il castellum - ma gli abitati autonomi non annoverati tra le città perchè "non abbelliti dell'onore vescovile:
Resta da ricordare che la nascita in Terra di Lavoro ed in S.Angelo di Ravecanina non è contraddetta dalle fonti che dicono "pugliese" il Santo.
Infatti l'Alifano faceva parte del Ducato di Puglia, che fu una delle ripartizioni amministrative del Reame normanno.

martedì 1 maggio 2018

Le tesi di studiosi sulla nascita - 5 -

Approfondiamo, nel nostro piccolo, sempre più le tesi di chi ha studiato la nascita di Celestino V per cercare il luogo benedetto che  ha assaporato il  suo primo vagito . Oltre a quanti seguono e leggeranno questi scritti, crediamo di fare cosa gradita all'Amministrazione Comunale di Raviscanina,  che uscirà vincente dalle elezioni del prossimo 10 giugno, ricordando ancora una volta che, oltre a rendere giustizia ed omaggio ad un concittadino così importante quale è stato Pietro degli Angeleri sia sotto il profilo dell'opera che quello del beneficio che l'intera zona alifana/matesina  potrebbe beneficiare per un eventuale inserimento della stessa nel Cammino del Perdono,  di cui al Forum delle Città Celestiniane. Rimane di fondamentale importanza il  coinvolgimento degli uomini e delle donne di buona volontà di questa precisa epoca storica per la ricerca dell'assoluta verità. (CDC)

Negli Atti Celestiniani derivanti dai convegni  di studi tenutisi all'Aquila il problema semplicemente non è stato mai posto, neppure per incidents, un pò perchè in questi convegni l'interesse è prevalentemente rivolto all'eremita del Morrone ed al papa, un pò perchè, è questa la tendenza attuale, consolidata da decenni. E, qui, l'impegno di tutti noi di questo territorio che  assume particolare importanza strategica.
Da uno studio molto significativo sul Nostro pubblicato nel 1954 dal Furgoni, questi si lavava le mani sostenendo che se "Molise o S.Angelo Limosano noi non decideremo di certo" stante soprattutto l'antica contraddittorietà delle fonti, "che l'incertezza non è solo  moderna".
Anche l'Herde, autore del più recente studio, più volte rielaborato, sul'unico papa che abbia abdicato, inficiato per questo punto da insufficienti approfondimento ed analisi critica delle fonti, se la cava sostenendo, in un primo tempo, che questi sarebbe nato "probabilmente a S.Angelo nel Molise", cioè in un luogo del Molise non meglio determinato. In seguito più decisamente afferma che il monastero di S.Maria di Fayfoli, presso  Montagano (CB) è "situato non lontano dal  suo luogo di nascita", dimostrando di propendere per S.Angelo Limosano, sia pur cautelandosi con l'affermazione che è impossibile stabilire con certezza il luogo di nascita. 
Ineccepibile su queste affermazioni la critica del Bucci: "poichè la probabilità prima e la certezza dopo,della località di S.Angelo del Molise come luogo di nascita del Papa, deriva solo dal fatto che nella Vita del celestiniano Stefano Tiraboschi, in volgare bergamasco, si dice che Celestino sia nato in località Sancti Angeli Molisii. Nel Molise ce ne sono almeno diciotto (fra cui ben due a Isernia). La scelta dell'Herde cade su Sant'Angelo presso Montagano sol perchè presso Montagano c'è il Monastero benedettino di Santa Maria di Fayfoli che certamente ospitò Celestino: l'Herde del resto lo confessa candidamente perchè dice che in un'epoca così difficile come quella medievale è impossibile che si potesse andare in un convento lontano (pensate) 60-70 km da Isernia, che così viene depennata come luogo di nascita di Celestino V. 
L' Herde dimentica gli itinerari medievali nei luoghi di pellegrinaggio, ignora  Egeria, ignora Compostela, ignora S.Antonio da Padova, ignora Francesco che si reca in Egitto e ignora lo stesso Celestino che giunge a Lione a piedi!
Dopo queste osservazioni il Bucci ha ben dimostrato la cittadinanza isernina del Santo, fondando soprattutto sulla bolla di fondazione della confraternita detta la Fraterna, eretta nel 1289, dove nella stessa, a margine del Pontificato di Celestino,  è detto patria Iserniensis. Poi ha adombrato, peraltro solo implicitamente, la possibile nascita isernina fondandola sulla palese debolezza della tesi avversa e sul fatto che normalmente la cittadinanza si acquista per nascita.
Le fonti più antiche ed attendibili attestano la cittadinanza isernina e la nascita in un Castel S.Angelo di Terra di Lavoro.
E' innegabile che da alcuni documenti appare una speciale relazione tra Celestino ed Isernia e più genericamente il Molise.
1) Una Bolla di Papa Gregorio X, siglata a Lioni nel 1274, allorquando Pietro chiede il riconoscimento dell'Ordine dei Celestini, indicava Pietro come Iserniese.
2) Anche nel Bullarium diplomatum.....(edito a Torino nel 1857)Celestino è detto patriae iserniensis ;
3) I Regesta PontificumRomanorum hanno : Antea dictus Petrus de Murrhone, sic cognomento a monte sopra Sulmonem, quem ex solitudinis desiderio S.Benedectis regulam sectans......
4) La cittadinanza isernina torna ad essere attestata nell'atto di fondazione della Fraterna di Isernia avvenuta nel 1289..... . Tuttavia è evidente che l'appellativo Petrus de Isernia , ai fini della nascita, non è più significativa di quella di Petrus de Morrone , infatti di per se non indica la nascita nella città stessa, ma solo uno status di residente o di cittadino acquisibile anche per immigrazione.
Poichè nessuna fonte dice che il Santo nacque nella città, la speciale relazione tra Isernia e Celestino deve ravvisarsi, con ogni probabilità, nel fatto innegabile che qui ebbe cittadinanza poichè vi immigrò ed abitò brevemente con i genitori e continuarono poi a risiedervi i suoi familiari: il fratello Nicola de Angelerio ed i nipoti Guglielmo e Pietro d'Angelerio, beneficiati da  Carlo d'Angiò in ricordo del papa suo amico.
Nella città il Santo fondò la congreca detta La Fraterna e la tradizione ricordava una casa sua, o perlomeno dei suoi congiunti, e nell'occasione del VI centenario ivi fu apposta una lapide, che la diceva sua casa natale, lapide poi distrutta con la casa durante la seconda guerra dal vile bombardamento alleato d'Isernia.
Poco fuori la città Pietro fondò il convento di San Spirito di Isernia, su terreno di sua proprietà secondo il Ciarlanti, o ricevuto in dono. Proprio dal fatto che in Isernia, e dunque nel Molise, il santo ebbe cittadinanza e vi risiedevano i suoi familiari dovette probabilmente nascere la tradizione pure antica che il santo fosse molisano: il cardinale Stefaneschi, contemporaneo di Celestino, pur glissando sul luogo di nascita, lo definì infatti semplicemente molisano, cosa esatta per un cittadino di Isernia, ma inconferente per indicare il luogo di nascita. Tale opinione dovè essere rafforzata dal fatto, tuttaltro che dirimente, che il santo fu abate nella molisana abbazia di Faifoli.
5) Infatti anche Tommaso da Sulmona, pure contemporaneo ed amico del santo e suo biografo,  èarlando del monastero di S.Maria a Faifoli, del quale il futuro papa fu Abate aggiunge quod erat in provincia unde ipso (il santo) erat oriundus.. Si noti che Tommaso da Sulmona non dice che fosse Pietro nativo del Molise ma che ne proveniva, cosa esatta ma non indiziante la nascita molisana. Significativo è poi  che Tommaso non accennò ad una presunta origine sulmonese di Celestino, da altri confusamente affermato (Heremita natione Terrae Laboris oriundus prope Sulmonam) , visto che un Sulmonese difficilmente avrebbe omesso una tale circostanza.
La nascita molisana è espressamente affermata dalla sola testimonianza di Stefano di Lecce, frate celestiniano, autore di un manoscritto del XV secolo nel quale si legge  di Petrus de Castelli Sancti Angeli, comitatus Molisii prope Limosanum.
Ma è da rilevare che Stefano con tale frase fonde il dato della nascita in un Castel S.Angelo, antico, affidabile, ufficiale ed incontroverso, con quello dell'appartenenza molisana, che ben può riferirsi al periodo della vita in Isernia e Faifoli, ma di per sè non indizia il luogo di nascita. Di fatto il biografo è l'unico a fare tale asserzione, che è puramente congetturale: egli sapeva che il Santo era nato in un castello di  S.Angelo, che era molisano, che era stato abate a Faifoli e sapendo che presso Faifoli e Limosano vi era un Castel S. Angelo ha combinato il tutto.
Ma, come afferma il Bucci, sono ben 18 le località che si denominano S.Angelo, e questo fa crollare verticalmente la probabilità statistica che la congettura, non altrimenti suffragata, sia esatta.
Dimostrato che ogni proposta di ubicazione molisana del luogo di nascita del Santo non è provata, ed accertato che la qualifica di molisano non è altro che una attribuzione giustificata dai suoi indubbi rapporti di dimora, parentela ed attività con Isernia e con Faifoli, ma non indiziante il luogo di nascita, la chiave per individuare questo risiede nella lettura delle  fonti che vi proporremo nel prossimo intervento.  

domenica 15 aprile 2018

Le rivendicazioni degli altri -4 -

Continuiamo le pubblicazioni su Celestino V. In questo intervento ci occuperemo delle rivendicazioni Sant'Angelo Limosano, Macchia d'Isernia e Isernia.

S.Angelo era detto nel Medioevo un castrum molisano , che per distinguersi da centri omonimi aggiunse il nome del vicino Limosano, centro più grande e rinomato.  S.Angelo Limosano fonda le proprie pretese di essere la patria del santo sull'esile fondamento di un verso di un poemetto stampato nel 1520 che narra la vita del santo. Vi si legge che sarebbe nato:
                                                  De la fertil provincia di Lavoro
                                                  e una città Lemusana appellata
Dove Lemusane può essere corruzione paleografica o ipercorrezione di Raviscanine.
La fonte, come si vede è abbastanza tarda ed è ampiamente contraddetta nella menzione della Terra di Lavoro, ma sembrerebbe convalidata dall'affermazione di Stefano da Lecce nel quale si legge di Petrus de castello Sancti Angeli, comitatus Molisii, prope Limosanum ed ha avuto nuova fortuna per essere stata ripresa dal Masciotta (Il Molise dalle origini ai giorni nostri, Napoli 1915, p.333) e di recente, sia pure con esitazione, dall'Herde.
La tesi in favore di Isernia è ancora più tarda  poichè solo nelle sue Memorie Historiche del Sannio, che videro la luce nel 1644, il dotto arciprete della cattedrale di Isernia, il Ciarlanti, sostenne  che più di tutti può pregiarsi e gloriarsi la città di Isernia, per aver partorito il Santissimo Pietro sommo Pontefice chiamato Celestino V.
Ci esimiamo dall'entrare nei dettagli e nel merito della polemica tra S.Angelo ed Isernia i cui argomenti sono riassunti in due diversi studi di Raffaele Tullio, apprezzato per aver vagliato le fonti escludendo la nascita del santo in ambedue i siti.
Egli nota, esattamente,quali ad esempio S.Angelo in Grotte e S.Angelo del Pesco, sicchè in mancanza di prove non può darsi per scontata l'attribuzione a S.Angelo Limosano. Esattamente rileva poi che la dimostrazione della nascita non può fondare sul fatto che Pietro avrebbe studiato a Fayfoli ,non troppo lontano da Limosano.
Quanto ad Isernia egli ricorsa le numerosi fonti che dicono isernino il santo,ma che nella città mentre vi sono una chiesa ed una piazza S.Angelo, non vi è mai stato un castello di S.Angelo, e che addirittura certamente all'epoca del santo in Isernia non vi era alcun castello.
Neppure il Tullio però segna una svolta nella ricerca perchè, dopo aver ben svolto la pars destruens dimostrando che il santo non poteva essere nato in nessuno dei due abitati che lo rivendicano, quando cerca di determinare il luogo di nascita torna nuovamente a forzare le fonti e toponimi con sillogismi viziati dal preconcetto che il Santo sia nato nel Molise e nei pressi di Isernia, ed anzi nel suo paese natale. Infatti l 'A. raccoglie e tenta di puntellare una tesi recente proposta dal Mattei, e si sforza di dimostrare che una località di campagna chiamata S.Angelo, presso Macchia d'Isernia coincida col castello che diede i natali al Santo, il Castellum Sancti Angeli delle fonti.
Gli argomenti, a ben vedere, sono ancora meno fondati di quelli adoperati per indicare in Isernia e Sant'Angelo Limosano il luogo di nascita del Santo. E' si vero che presso Macchia d'Isernia vi è una localitè detta S.Angelo (e, si badi, non castello di S.Angelo) ma è un sito campestre, che deriva probabilmente il nome di una edicola, o magari una fonte, in passato dedicata all'Arcangelo Michele.
Anche a voler ammettere, come è ben possibile ma finora non provato, che attorno all'edificio sacro dedicato all'Arcangelo si sia addensato in passato un piccolo abitato poi  scomparso, il posto è troppo vicino a Macchia  per aver costituito un centro autonomo, del quale non vi è ad oggi alcun indizio archeologico nè alcun cenno nelle fonti. Sono infatti inutilizzabili quelle citate dal Tullio che malamente forza in favore della sua tesi documenti volturnensi anteriori di secoli e pacificamente riferiti ad un abitato presso Colli al Volturno il  castello di Colle Sancti Angeli.
Di questo, menzionato fin dal 972 d.C., si conosce con certezza l'ubicazione perchè si è conservato il toponimo, confermato da indubbie considerazioni topografiche e da scavi archeologici che nel 1991 hanno riportato alla luce la cappella dedicata a S.Angelo dalla quale il colle  e l'abitato presero il nome. Tale località, il castellum qui dicitur Colli sancti Angeli , nelle fonti volturnensi è detto essere non longe  a jamdicto nostro monasterio.
Colle S.Angelo è, appunto, un rilievo prossimo al sito di S.Vincenzo al Volturno dal quale dista circa 4 km in linea d'aria. Invece il S.Angelo di Macchia è distante dalla piana di San Vincenzo oltre 10 km il linea d'aria , ed essendo in sinistra della Vandra è stato sempre al di fuori della sfera politico-amministrativa di S.Vincenzo al Volturno, ricadendo  in quella di Isernia.
Inoltre, se non bastasse, il S.Angelo di Macchia è in zona abbastanza pianeggiante e dunque non poteva chiamarsi "colle" di S.Angelo, ne vi è prova o indizio che sia stato abitato e che si sia mai chiamato Castello di S.Angelo.
In ogni caso Castellum Colli S.Angeli è cosa anche etimologicamente differente da Castellum S.Angeli. E' qui doveroso precisare che una tavola pubblicata dal Tullio come "antica mappa"nella quale un S.Angelo appare vicino a Macchia d'Isernia  è in realtà un collage di spezzoni della moderna tavoletta I.G.M. 1/25.000 ritagliati e rimontati malamente per avvicinare il sito a Macchia d'Isernia. 

domenica 1 aprile 2018

Il Segreto delle origini - 3 -

Dal lavoro  dello storico Caiazza, continuo la pubblicazione sul nostro concittadino Pietro degli Angeleri, ovvero, Papa Celestino V (CDC)

Pietro di Angelerio, o meglio degli Angeleri, poi detto Pietro da Isernia, Pietro del Morrone, Pietro della Maiella, Celestino V, S.Pietro Celestino, l'unico Sommo Pontefice Romano che abbia rinunciato al soglio, per "viltade" come disse Dante, il principe dei suoi detrattori, o ex legitimis causis, idest causa humilitatis, et melioris vitae, et conscientiae  illesae, debilitate corporis, defectu scientiae,et malignitate plebis, et infirmitate personae, come egli motivò richiamando norme canoniche e, dunque, poichè si era reso conto di essere inadeguato al ruolo et in buona sostanza per umiltà e santità, è, almeno per taluni aspetti, tra i quali certamente le origini e la formazione spirituale, più famoso che realmente conosciuto. 
Prova ne sia che di questo uomo, papa e santo comunque eccezionale, è controversa la data di nascita, che per il suo diretto discepolo Tommaso da Sulmona risale al 1209 mentre per i biografi del XVII secolo Marini e Telera risale al 12015.
Se qui l'oscillazione è di pochi anni, e dunque non particolarmente rilevante, per ciò che concerne il luogo di nascita le ipotesi sono assai più numerose e controverse.
Si è proposta infatti la nascita ad Isernia, Sulmona, Molise Oppidum, Morrone del Sannio, Ausonia, S.Angelo in Grotte, S.Angelo del Pesco, Macchia di Isernia, Marruvium de' Marsi, Terra di Lavoro e addirittura in Aprutii in partibus Apuliae, e così via.
La ridda delle ipotesi già da se dimostra che nessuna di esse si raccomanda per prove e rigore di analisi critica sicchè il luogo di nascita può dirsi ancora non riconosciuto, sebbene assai discusso.
La perdurante oscurità su tale dato, utile non solo per completezza anagrafica e storica, ma soprattutto per tentare di cogliere il clima culturale della sua infanzia e della sua educazione, deriva in parte dalla ritrosia del santo a parlare delle sue origini, in parte dalla sua lacunosità e dalla contraddittorietà delle fonti più antiche, ma soprattutto dalla disinvoltura dei biografi susseguitisi nei secoli che hanno tentato di superare il problema con affermazioni tanto perentorie quanto immotivate.
Dallalunga lista di località cui sarebbe nato Pietro di Angelerio alcune sono trasparentemente inesatte, derivando da nomi dei luoghi nei quali è vissuto, che sono stati poi proposti come luoghi di nascita. Ad esempio poichè visse a lungo, ma dopo esservi giunto per la prima volta in giovane età, sul Morrone presso Sulmona e fu chiamato anche Pietro del Morrone si è preteso che sia nato a Sulmona.
Inteso Morrone come luogo di nascita, ed ignorando che si trattava del nome di una montagna e non di un abitato, si è poi riconosciuto lo stesso in Morrone del Sannio o addirittura in Murrone Marsorum oppido, quod antichi  Marruvium appellabant.
Trasparenti sono pure alcune indebite precisazioni di fonti generiche; ad esempio dalla qualifica di molisano attribuita al santo se ne è fatto derivare che sia nato nel paesello di Molise, circostanza questa da nessuna fonte affermata. Allo stesso modo dall'appellativo Petrus de Maiella si è ricavata un'origine abruzzese.
Altro procedimento è quello di combinare tra loro fonti disparate nel tentativo di fare chiarezza: poichè alcune fonti  indicano genericamente la regione d'origine ad esempio, come detto il Molise, o anche un locus Aprutii e natione Apulus ed altre la nascita in un Castel S.Angelo si è corso alla ricerca di luoghi chiamati S.Angelo nell'ambito di tali regioni, pretendendo di riconoscervi l'origine del Santo, ma senza addurre elementi di riscontro, o ricorrendo a debolissime argomentazioni.
E' infatti soprattutto mancato nella ricerca del luogo di nascita di Pietro di Angelerio il vaglio critico delle fonti, che al contrario, spesso, sono state forzate per ragioni di campanile.
Questo deficit di un'analisi serena e metodologicamente corretta è dovuto probabilmente al fatto che la parte migliore della dottrina, forse disperando di poter districare la questio, l'ha trattata superficialmente o l'ha addirittura rimossa, privilegiando l'indagine sulla spiritualità del Santo o su altri momenti della sua vita, mentre altri e meno rigorosi studiosi sono stati spinti unicamente dall'intento di dare lustro alla propria terra attribuendole i natali di S,. Pietro.
Questo è avvenuto in particolare nel Molise, dove, grazie al fatto che sicuramente il santo vi operò e ad alcune fonti che lo dicono molisano, si è più volte acceso il dibattito sul luogo di nascita.
Non senza polemiche, poichè, restate al palo S.Angelo in GRotte e S.Angelo del Pesco, per mancanza di paladini locali che abbiano raccolto la proposta del Gasdia, tre comunità tuttora si contendono il vanto di averlo visto venire alla luce: S.Angelo Limosano, Isernia e Macchia d'Isernia ma tutte con argomentazioni tanto appassionate ed apodittiche quanto poco resistenti al vaglio critico.

(Al prossimo articolo parlerò  delle rivendicazioni di S.Angelo Limosano, Isernia e Macchia d'Isernia)
Buona Pasqua!

domenica 18 marzo 2018

Celestino V e l'alto casertano - 2 -

Continuo sullo studio del Caiazza per la nascita di Celestino V nell'alta Terra di Lavoro sperando di rendere un servigio a questa terra, a quanti in essa sono nati ma soprattutto  omaggio e giustizia ad un personaggio che andrebbe amato incondizionatamente per la sua opera e il suo insegnamento, oggi, quanto mai attuale, in questo mondo perduto nell'oblio  dei potenti di turno e di chi comanda aggirando le regole ed il buon andamento del vivere civile. (CDC) 

                                             CELESTINO E IL VAIRANESE

E, cosa ancora più notevole  della mera individuazione della terra natale, credo sia ragionevolmente dimostrato che studiò nella vicina abbazia cistercense di Santa Maria della Ferrara, sita su un colle presso la riva del Volturno, non lungi da Vairano, e che qui fece la professione religiosa, vestì l'abito bianco dei Cistercensi, ed apprese la devozione allo Spirito Santo che fu peculiare e predominante solo in questa abbazia, e nell'universo monastico medievale condivisa solo da Gioacchino da Fiore e da Placido da Roio, entrambi ex cistercensi e fondatori di  monasteri con regola più rigorosa di quella originaria, vicini al sentire di Pietro Celestino che certo si ispirò all'Abate Calabrese.
Se non erriamo, dalla  Ferrara, cenobio che possedeva eremi, che non furono sufficienti alla sete di colloquio solitario con Dio di alcuni suoi figli, e dalla quale sciamarono verso i monti dell'interno eremiti di santa vita, Pietro potè ricevere il seme della sua vocazione eremitica. E dalla Ferrara, ad un tempo suo monastero e sua patria di origine per la vicinanza al Castrum Sancti Angeli , egli, giovane certosino, partì, non senza dubbi e timori, per recarsi in Abruzzo a compiere il suo primo esperimento di  eremitismo.  
Consolidata nella pratica la sua vocazione alla solitaria lotta col Tentatore, Pietro si recò poi a Roma e quindi se ne tornò sulle vette d'Abruzzo confermato nel suo intendo di cercare la perfezione religiosa nel silenzio e nel sacrificio. Così percorse a ritroso il cammino di San Benedetto e da cernobita si fece eremita, e tuttavia non dismise l'abito monastico e solo irrigidì la regola, con la solitudine, penitenze, digiuno e freddo. Ma, come San Benedetto, fu raggiunto da compagni desiderosi di seguire il suo esempio e divenne fondatore di monasteri ai quali diede una nuova regola così innestando un nuovo ramo sulla vigorosa pianta benedettina.
Come i digiuni, strenui ma attentamente calibrati, non vinsero la sua tempra, visto che sessantenne raggiunse Lione a piedi, così come la solitudine non corrose la sua mente e quanto aveva studiato in gioventù. Infatti non dimenticò il latino nè le norme canoniche e civilistiche, nè dismise la scrittura o lo studio , e come utilizzò i rimedi ed i medicamenti dei Cistercensi in favore degli ammalati, così grazie alla loro sapienza edilizia, economica e giuridica potè costruire, riparare, sostenere economicamente i monasteri e rivendicarne i diritti contro le soperchierie dei prepotenti feudatari.
Nel 1291, già assai avanti negli anni, tornò probabilmente alla Ferrara per partecipare al funerale di Malgerio Sorel junior che fu valletto e falconiere dell'imperatore Federico II, che due volte aveva sostato alla Ferrara. Perciò l'effige di Pietro, con quella dei Celestini che lo accompagnavano, fu fissata nell'affresco che eterna il funerale di Malgerio, il miles e magnate  che dimise le pompe del secolo e si fece cistercense. Infatti attorno al catafalco del conte-monaco si vedono, oltre  ai cistercensi biancovestiti, sbarbati e con la tonsura, che vegliano reggendo in mano rosse candele, sei monaci che per veste bianca e cocolla nera sembrano essere Celestini. Disposti ai due estremi della teoria dei monaci biancovestiti assistono alla cerimonia privi di candele e si distinguono dai Cistercensi anche perchè hanno la barba . L'ultimo di questi monaci sulla sinistra è un vecchio patriarca magro e un pò curvo, con capelli a caschetto inondati di canizie al centro, con lunga barba incolta e bipartita, perchè più rada al centro, che somiglia in modo impressionante, alla raffigurazione di Celestino nel codice dell'Opus Metricum, ispirata e verificata dal cardinale Stefaneschi che vide e conobbe il Papa Angelico.
E facile osservare che mentre  il sovrastante affresco della Madonna tra i santi Pietro e Paolo, fatto dipingere in vita da Malgerio, ha la fissità e le forme stereopite dei volti della pittura bizantina la scena del funerale di Malgerio è di una diversa mano che si sforzò di rappresentare fisionomie reali: basti notare che a fianco del patriarca nerovestito è un monaco giovane, vigoroso, con barba nera, che mostrano anche i suoi compagni. Dunque anche i visi, i capelli, la barba e l'espressione, oltre che le vesti, distinguono questi monaci da quelli della Ferrara, certo più stereopiti. E perciò probabile che subito dopo la deposizione di Malgerio, un pittore, diverso da quello dell''orcosolio,, forse un monaco della Ferrara o un artista appositamente chiamato, abbia fissato la scena delle esequie ed i volti degli ospiti.Se ciò  rispondesse al vero sarebbe questo un ritratto, databile con esattezza e realistico del santo, confermato dalle descrizioni delle fonti e dal ritratto ispirato dallo Stefaneschi, mentre è invece certo che sono idealizzate ed esemplate sulla iconografia di S.Francesco, le iconografie, come ad esempio l'affresco di Casaluce, che rappresentano Pietro sbarbato, giovane e con la tonsura addirittura nelle vesti di papa, che lo plaudono ottuogenario.

sabato 3 marzo 2018

Celestino V e il Castello di Ravecanina -1-

Inizio un lavoro importante che l'intera Regione Campania dovrebbe far proprio perchè al Papa del Gran Rifiuto si deve dare la giusta collocazione sotto il profilo della nascita. Troppe località rivendicano questo dato storico proprio perchè l'opera e l'insegnamento del personaggio è stata di grande rilevanza e di esempio di vita per il mondo intero e chi annovera tra i propri figli il seme della primogenitura dovrebbe lottare col coltello tra i denti per definirne i confini.
Da questo articolo riporterò l'opera dello storico avvocato Domenico Caiazza, per la maggioranza dei cittadini inedita, sperando di fare cosa gradita alle autorità politiche e religiose campane e raviscaninesi,, in particolare, sposandone definitivamente la lotta per poter dire ai quattro venti che Celestino V è nato nel Castrum Sancti Angeli di Ravecanina.(CDC)
Dal secondo volume de i Quaderni Campano- Sannitici dello storico Domenico Caiazza
                                   IL SEGRETO DI SAN PIETRO CELESTINO
L'unico Papa che nella millenaria storia della Chiesa abbia rinunziato alle chiavi di Pietro è personaggio famosissimo per la santa vita, nutrita di rinunzie, rigore, ascesi, costellata da miracoli, per l'inaspettata ascesa al Soglio che accese la speranza dell'avvento dell'Ecclesia spiritualis ed ancora di più per l'altrettanto inattesa rinuncia, alla quale seguirono l'avventurosa fuga sui monti d'Abruzzo e poi verso la Grecia, quindi la cattura, gli insulti, la prigionia a Fumone e infine la morte contornata dall'alone del martirio.
Una secolare tradizione di studi, rinverdita negli ultimi decenni dall'opera di A.Frugoni e P. Herde e dai notevoli convegni celestiniani dell'Aquila, la città che tiene viva e venera con le spoglie mortali la memoria del santo, ha indagato sulla sua spiritualità, sulle sue propensioni eremitiche e pauperistiche, sulla rivoluzionaria intuizione della Perdonanza, sulla sua attività di fondatore di un nuovo ramo dell'Ordine Benedettino.
Tuttavia da oltre sette secoli dura inviolato il mistero sulle sue origini: sono dubbi l'anno di nascita e il luogo della stessa , per la quale si sono formulate innumerevoli ipotesi, si ignora dove studiò e quale fu la sua formazione religiosa e culturale. Proprio la sua "indeterminatezza", secondo la Clara Gennaro, spinse a studiarlo il Furgoni, che ne delineò in modo magistrale vita ed opera e tuttavia non trovò le chiavi per penetrare il mistero delle sue origini.
Mistero, crediamo, in buona parte  intenzionalmente alimentato da Pietro che fu sempre volutamente vago sulle sue radici, salvo che per la memoria affettuosa della madre che favorì la sua vocazione, ma dalla quale presto dovette staccarsi per iniziare studi e vita monastica.
Probabilmente tacque, o sminuì,  le sue reali condizioni sociali per umiltà, per lo stesso motivo, ed anche per evitare le polemiche laceranti che normalmente seguivano l'abbandono di un abito monacale, tacque, imponendo forse anche il silenzio a coloro che sapevano, sul fatto che aveva studiato e pronunciato i voti in un ordine possidente, poi lasciato prima per desiderio della pace dell'eremo e poi per dare vita ad una nuova riforma della Regola Benedettina.
Fu infatti certo monaco benedettino, come afferma espressamente in una sua Bolla e tale lo dicono alcune fonti, ma su dove avesse compiuto il noviziato e preso l'abito già in antico si brancolava nel buio. Valga per tutte la testimonianza del suo biografo Lelio Marini, che fu Abate Generale della Congregazione Celestina, e quindi in grado di fare ricerche accurate, e che ciononostante nel 1630 doveva scrivere che "in tutto il corso della vita di lui non è cosa più oscura, che il tempo o l'anno nel quale egli entrasse nell'ordine di S. Benedetto, e dove, e quando si facesse la professione".
Chi conosce la questione delle origini di Pietro di Angelerio o meglio di Angelerio de Angeleriis sa bene che le ipotesi affastellatesi nel tempo, tanto numerose quando indimostrate e talora palesemente falsate, hanno dato vita ad un inestricabile ginepraio tale da superare persino i topici misteri del Medioevo, sia le reali incognite storiografiche  sia i problemi divenuti mitici e fantastici, come quello di Santo Graal o della sorte dei Templari.
Fu così che, praticamente senza speranze, cominciai ad esaminare la questione nell'ambito della ricerca sulla spiritualità tardo antica e medievale dell'Alta Terra di Lavoro per la quale hanno già visto la luce gli studi su  La Grotte di San Michele Arcangelo in Monte Melanico, riti preistorici e culto michaelico in Terra di Lavoro e le  Storie di Santi draghi e guerrieri ,mentre attendono la stampa le ricerche su  La Terra di Santa Maria in Cingla, le schede preparate per il Monasticon e l'edizione commentata dell'inventario dei beni dell'abbazia cistercense di Santa Maria della Ferrara dell'anno 1584. Man mano che mi inoltravo nel garbuglio di opinioni si aggiunse il fastidio, ma era doveroso indagare visto che alcune fonti lo dicevano nato in Terra di Lavoro, quella che da tanti anni investigo.
Infine stavo per abbandonare la ricerca e tuttavia, come accade spesso per i rompicapo, non  trovavo la soluzione ma neppure la determinazione per smettere di cercarla, e così ripartendo dalle fondi dopo alcuni anni di paziente studio sono pervenuto a risultati neppure ipotizzati quando mi prefissai di identificare semplicemente il Castrum Sancti Angeli di Terra di Lavoro  indicato chiaramente quale paese natale del santo da alcune fonti, importanti e di prima mano,  ma stranamente da nessuno utilizzate.
Credo ora sia definitivamente dimostrato che il santo non nacque nelle terre molisane che lo rivendicano, nè in Abruzzo nè in Puglia, ma in Terra di Lavoro, nel Castrum Sancti Angeli cognomento Rabicanum o di Ravec\anina, presso Alife.

martedì 27 febbraio 2018

Uno strano paese

L'Italia è davvero uno strano Paese; ogni anno spedisce a Londra migliaia di giovani laureati per fare i lavapiatti e mantiene i clandestini a vivere in albergo. E' un Paese che lascia i propri concittadini colpiti dalla tragedia del terremoto a dormire in container ma ospita i profughi in centri di accoglienza come quello di Villa Camerota, che ho visitato lo scorso settembre: una villa rinascimentale immersa nel verde a due passi dal centro storico di Firenze. A Rapallo gli immigrati dimorano presso l'Istituto delle  Orsoline , una struttura residenziale di lusso e hanno a disposizione: spiaggia privata, campetto di calcio,palestra, wi fi e il pocket money per affrontare le spese di tutti i giorni. Poi il Governo non trova i soldi per sistemare gli esodati, lasciati senza lavoro e senza pensioni.
L'accoglienza dei clandestini costa alla collettività 4 milioni di euro all'anno ma queste sono solo le cifre ufficiali. Quelle reali non le conosce nessuno, ma sono molto più alte. Il Governo provvede alle spese della Marina Militare e della Guardia di Finanza per le operazioni in mare, di cui non è dato di conoscere il costo. Sappiamo però che questo stesso Governo non trova le risorse per pagare la manutenzione e la benzina per le auto dei Carabinieri. Si distaccano migliaia di poliziotti per le operazioni di identificazione, con costi non irrisori, mentre la Mafia spadroneggia in Sicilia e la 'Ndrangheda nel Nord.Non si conoscono nemmeno i costi aggiuntivi affrontati dal sistema sanitario nazionale per la gestione dell' emergenze  migranti: in compenso i pronto soccorso degli ospedali sono al collasso. Non c'è più da  meravigliarsi di nulla in un Paese dove gli italiani sono tenuti  a raccogliere gli escrementi dei loro cani, mentre gli stranieri ospiti cagano sui marciapiedi.

                                                      Enrico Montermini

CUORE POPOLARE, come annunciato, tenterà di assumere sempre più una veste culturale, sociale, politica di discreta levatura. Chiunque voglia collaborare al progetto potrà inviare i propri interventi a " cuorepopolare2018@libero.it".  Il primo l'ho ha fatto Enrico Montermini. Aspettiamo i vostro.